sabato 13 maggio 2023

LA PIGRIZIA DI ALFREDO CASTELLI

Il contributo di Alfredo Castelli (per amici e lettori il BVZA, il Buon Vecchio Zio Alfredo) al fumetto italiano è semplicemente enorme, ed è impossibile riassumerlo in poche righe. Classe 1947, attivo a partire dagli anni Sessanta, Castelli ha creato decine di personaggi scrivendo storie di tutti i generi: avventurose, umoristiche, fantastiche, realistiche, horror e perfino alcune storie western. Dal 1982 si è dedicato prevalentemente al suo Martin Mystère, la cui serie ha festeggiato l’anno scorso il quarantennale. Eppure, a dispetto della sua prolificità di autore, Alfredo ha sempre detto di essere pigro. Non pensate a una forma di civetteria tipica delle persone creative. Posso assicurarvi che il Buon Vecchio Zio Alfredo non mente. Egli è realmente pigro. E ho le prove per dimostrarvelo. 
 
Come ormai sanno anche i sassi – quello del fumetto è un mondo piccolo, dopotutto – il trio Medda, Serra e Vigna mosse i suoi primi passi nella professione grazie a Castelli. Fu proprio il BVZA a fare sì che per noi si aprissero le porte della Sergio Bonelli Editore (allora Editoriale Daim Press), nell’anno di grazia 1986. Pochi sanno però come andarono realmente le cose.

Per una serie di fortunate circostanze conoscemmo Alfredo insieme a Silver nel 1982, quando i due dirigevano in tandem la rivista Eureka! per l’Editoriale Corno. Li incontrammo di persona proprio nella nostra città, Cagliari, dove erano arrivati per un’ospitata nella trasmissione Cartoni Magici, realizzata negli studi Rai del capoluogo sardo. L’occasione diede luogo a una piacevole chiacchierata e poi a una cena. Nei mesi successivi tenemmo i contatti con Alfredo, e con grande sfacciataggine gli proponemmo due idee per Martin Mystère, che aveva appena debuttato in edicola. Inaspettatamente, le ritenne valide e le usò. Opportunamente adattati dal BVZA, quei soggetti diventarono due avventure del BVZM (Buon Vecchio Zio Marty): Il mistero del nuraghe e Il piccolo popolo. Per quest’ultima storia il soggetto ci venne regolarmente accreditato, e Alfredo ce lo pagò. Galvanizzati, gli mandammo altri due soggetti, per un totale di una decina di pagine. E attendemmo il responso.


 
Alfredo si prese il suo tempo. Passarono settimane. Passarono mesi. Alla fine, non potendo più reggere la suspense, gli telefonammo a casa. “Scusa se ti disturbiamo, ma hai letto quel materiale che...”

Sì, certo, ci rispose, lo aveva letto. E non solo: i soggetti erano interessanti, e soprattutto scritti molto bene. Il che significava che, a suo parere, potevamo tranquillamente muoverci in autonomia e proporli direttamente alla casa editrice, nella persona del direttore Decio Canzio.


Non credevamo alle nostre orecchie. Poco più che ventenni,  nel nostro curriculum non avevamo niente, se non grande passione e grandi speranze. Un conto era una collaborazione amichevole con uno sceneggiatore professionista, una cosa inter nos, insomma; altro conto era proporci come autori a un editore come Sergio Bonelli. Per quanto ingenui, ci rendevamo conto che eravamo nelle condizioni di chi guida uno scooter e si propone alla NASA per pilotare una navicella spaziale. 

 

Ma avevamo dalla nostra l'incoscienza di quell’età. Ci buttammo. Mandammo i due soggetti al famoso indirizzo, via Buonarroti 38, 20145 Milano, indirizzandoli al direttore, Decio Canzio. Ovviamente, nella lettera d’accompagnamento specificammo che Alfredo Castelli aveva letto il materiale e lo aveva ritenuto degno di attenzione, e che per questo ci permettevamo di sottoporlo ufficialmente alla casa editrice.

Gli dei – nelle sembianze di Decio Canzio e Tiziano Sclavi - sorrisero, quei soggetti divennero La donna immortale (Martin Mystère n. 79) e Quando la città dorme (Dylan Dog n. 29), e il resto è storia nota.

 


Pochi anni dopo, agli albori del decennio dei Novanta, Nathan Never era in edicola. E toccava a noialtri, ormai giocatori nel massimo campionato, visionare soggetti di giovanotti pieni di passione e grandi speranze. Confesso che la cosa mi dava una certa angoscia, specie quando dovevo esprimere responsi particolarmente negativi: cercavo di motivare al duecento per cento il mio giudizio, e non potevo fare a meno di chiedermi se stavo facendo la cosa giusta, oppure stavo stroncando sul nascere un potenziale talento.  

 

Durante uno dei miei frequenti viaggi a Milano, in redazione, presi da parte Alfredo e gli dissi di rispondere sinceramente a una domanda. Che cosa lo aveva convinto, anni prima, che tre pivellini potevano affrontare la pubblicazione professionale per Sergio Bonelli? Che cosa lo aveva spinto a scommettere su di noi in base a quelle dieci paginette? “Insomma – gli chiesi - che cosa c’era nei nostri soggetti?”

Alfredo si accese una sigaretta, soffiò una nuvola di fumo e poi mi diede, come volevo, una risposta sincera: “Mah, non lo so. Ti confesso che non li ho mai letti.”.

Rimasi di stucco. Solo allora capii che, non avendo né il tempo né la voglia di leggere, Alfredo aveva semplicemente girato la patata bollente a Decio Canzio.

 

Ecco, adesso lo sapete anche voi: la nascita di tre autori di fumetti non si deve a una misteriosa e irripetibile congiunzione degli astri, ma alla pigrizia congenita - tutt’altro che millantata - di Alfredo Castelli.

 

 

mercoledì 18 gennaio 2023

IN UN MONDO PERFETTO

In un mondo perfetto, le sceneggiature dei fumetti verrebbero scritte, disegnate, completate col lettering e poi pubblicate a una data stabilita. Ma questo non è un mondo perfetto.

La realizzazione della storia di Nathan Never ora in edicola cominciò nel 2008, col titolo di lavorazione Alla fine del giorno. Questo albo avrebbe dovuto essere il primo del ciclo Intrigo Internazionale, poi pubblicato nel 2019. All'epoca, la nostra idea era di cominciare questa sequenza di storie in medias res: improvvisamente scopriamo che Nathan Never ha lasciato l'agenzia Alfa ed è diventato un private eye con tanto di cappello e impermeabile bogartiano. Perché? Che cosa è successo? I lettori lo avrebbero scoperto negli albi successivi. Ma questo non avvenne.

La sceneggiatura di Alla fine del giorno fu affidata alle matite di Roberto De Angelis, che dovette però interrompere il lavoro per disegnare il primo albo di Caravan, la mia miniserie uscita nel 2009. Poi, appena terminato Caravan, Roberto dovette dedicarsi completamente e improrogabilmente a Tex. E così la lavorazione del ciclo di storie con Nathan “occhio privato” si arenò prima di cominciare. Trattandosi di una serie di storie collegate fra loro, non era possibile scriverle se il primo episodio non era pronto. Vista la situazione, non continuai la sceneggiatura, di cui avevo scritto meno di una trentina di tavole. Quelle già disegnate finirono in un cassetto e tutti noi ce ne dimenticammo. Almeno fino a quando non realizzammo effettivamente il ciclo Intrigo Internazionale, partendo da un'idea diversa e con tutt'altro sviluppo.

A quel punto il problema era: che cosa fare col materiale già realizzato per Alla fine del giorno? Non era possibile proseguire la scrittura secondo il soggetto originale, essenzialmente per un motivo pratico: di quel soggetto, a dieci anni di distanza, avevo solo un vaghissimo ricordo. E c'era un altro problema: la storia sarebbe stata in contraddizione con la situazione presente di Nathan Never, che sì, aveva lasciato l'Agenzia Alfa, ma poi vi era rientrato per diventarne il direttore. Come uscire da questa impasse? Con un bel poʼ di lavoro.

Il testo di quella trentina scarsa di tavole è stato radicalmente riscritto, e il resto della storia è stato scritto ex novo, in base a un'idea che, per quanto vago sia il mio ricordo, non era presente nella versione del 2008. E che non mette in contraddizione l'albo con la continuity attuale. Non è stato un lavoro facile, ma neanche così difficile come mi sembrava in un primo momento.

Più difficile è stato trovare un disegnatore che proseguisse l'albo in continuità grafica con lo stile di De Angelis. Alla fine la nostra scelta è caduta su Simona Denna, e si è rivelata azzeccata. Simona ha fatto uno splendido lavoro, adeguando il proprio segno a quello di De Angelis, senza riprodurlo in maniera smaccata.

Così, a dieci anni di distanza dall'inizio della sua lavorazione, Alla fine del giorno arriva in edicola molto diversa da come era stata pensata, a cominciare dal titolo, che non cita più la canzone Private Investigations dei Dire Straits. La storia avrebbe dovuto concludersi con una carrellata dall'interno dell'ufficio di Nathan all'esterno, con le vignette scandite dai versi della canzone. 

And what have you got at the end of the day

what have you got to take away
a bottle of whisky and a new set of lies
blinds on the window and a pain behind the eyes.
 
L'idea per la tavola finale la ricordo benissimo, a differenza di tutto ciò che la precedeva: l'ultima sequenza di vignette avrebbe mostrato Nathan dietro la finestra, in una silhouette schermata progressivamente dai listelli delle veneziane che si chiudevano (“blinds on the window...”), fino a sparire ai nostri occhi. L'ultima vignetta, con la didascalia “...and a pain behind the eyes” sarebbe stata completamente nera.

Ma questo non è un mondo perfetto in cui ogni nostro desiderio si realizza. Il finale della storia ora è diverso. In ogni modo, spero che ne siate soddisfatti come lo sono io. 

 
 
Le prime tre tavole della sceneggiatura del 2008