Il 3 aprile 1882 un uomo fu ucciso mentre, in piedi su una sedia, spolverava un quadro nel salotto di casa. Finiva così, con un proiettile nella nuca, la carriera dell’imprendibile fuorilegge Jesse James, ucciso da Robert Ford per riscuotere una taglia. All’epoca della sua morte, il folklore aveva già trasformato lui e i suoi compari nella versione americana di Robin Hood e gli allegri compagni di Sherwood. Ma almeno in un verso della celebre ballata sul fuorilegge si diceva la verità: "Jesse James, we understand, had killed many a man". I fratelli Jesse e Frank James, insieme ai fratelli Younger e a un pugno di altri desperados, erano semplicemente rapinatori e assassini. Lo avevano già dimostrato durante la Guerra Civile, cavalcando al seguito di sanguinari guerriglieri sudisti come William Clarke Quantrill e “Bloody” Bill Anderson e macchiandosi di atrocità nei confronti della popolazione civile. Dopo la guerra intrapresero una fruttuosa carriera di rapinatori nel Missouri, il loro stato natale, e negli stati vicini.
Astuti e spavaldi, i James e gli Younger poterono contare sull’appoggio della popolazione del Sud, assetata di rivincita contro gli odiati yankees. Anche per questo sfuggirono a lungo agli sceriffi e ai detective privati dell’agenzia Pinkerton. La fortuna voltò loro le spalle nel 1876, a Northfield, nel Minnesota, dove tentarono di rapinare la banca. La popolazione li mise in fuga a fucilate, e alcuni dei fuorilegge rimasero sul terreno. La banda, braccata, fu costretta a dividersi. I fratelli Younger furono catturati, ma i fratelli James riuscirono a fuggire. Rimasero in circolazione per altri sei anni, finché la taglia sulla testa di Jesse non fece gola a Robert Ford, che gli sparò in quel fatale 3 aprile. Frank James si consegnò alla Pinkerton poco dopo la morte del fratello. Fu processato, ma non si riuscì a provare la sua partecipazione ai crimini della banda. Rimesso in libertà, visse una vita tranquilla. All’alba del nuovo secolo si esibì in performance circensi nella parte di se stesso, insieme all’ex compare Cole Younger, rilasciato dopo venticinque anni di carcere. Era il 1903. Appena cinque anni dopo, il mito di Jesse James approdava sugli schermi del cinematografo. Nel 1921 furono girati due film in cui Jesse James jr, a dispetto dell’età e di un fisico non proprio prestante, interpretava suo padre, in una versione ovviamente idealizzata.
Jesse James, quello vero
Nei decenni successivi, ben pochi film e serie televisive si preoccuparono di guardare alla Storia per raccontare la figura di Jesse James. Dire che gli autori si presero libertà narrative è fin troppo eufemistico. E sì che nel tentativo si cimentarono registi di valore, come Nicholas Ray e Fritz Lang. E a interpretare il famoso bandito si succedettero Tyrone Power (insieme a Henry Fonda nella parte di Frank James), Lee Van Cleef, Robert Wagner, Kris Kristofferson (con Johnny Cash come Frank), più una pletora di volti più o meno celebri negli USA.
(immagine tratta dal sito benitomovieposter.com)
La palma del film più assurdo con Jesse James, comunque, è vinta a mani basse da Jesse James meets Frankenstein’s Daughter (1966), di William Beaudine. Il bandito è interpretato da John Lupton (dignitoso attore televisivo), e nel cast fa capolino anche Jim Davis, da noi noto per il ruolo di Jock Ewing, il patriarca di Dallas. La trama: per sfuggire alla Legge, Jesse, braccato col suo compare Hank, si rifugia a casa di “Juanita”, che in realtà è Maria. Maria è nipote del barone Von Frankenstein, e trasforma il povero Hank in un mostro che ribattezza – indovinate - Igor. Purtroppo o per fortuna, il film è rimasto inedito da noi, ma potete trovarlo intero su You Tube. Al contrario, ben poco si sa di Jesse James vs. Al Capone, prodotto televisivo su cui perfino l’enciclopedico IMDB fornisce pochissime informazioni.
Insomma, finora la pur vastissima filmografia (almeno una quarantina di titoli) su James e la sua banda non ci ha consegnato capolavori. Almeno tre film, comunque, sono interessanti, se non altro per il tentativo di contestualizzare storicamente le imprese della banda. Il titolo spartiacque è La banda di Jesse James (The Great Northfield Minnesota Raid), scritto e diretto nel 1972 da Philip Kaufman. Kaufman ha legato il suo nome soprattutto a I predatori dell’Arca perduta (di cui firma il soggetto), ma ha diretto anche un bell’adattamento di un romanzo di Richard Price (The Wanderers – I nuovi guerrieri, 1979), e Uomini veri (1983).
Il film si concentra sulla fallimentare rapina alla banca di Northfield, che decreterà la fine della banda James-Younger. Niente da dire sulla confezione, che si avvale tra l’altro della splendida fotografia di Bruce Surtees (già collaboratore di Don Siegel e poi di Clint Eastwood), di un’ottima colonna sonora e soprattutto di un ottimo cast di “facce western” come i comprimari Luke Askew, Matt Clark e R.G. Armstrong, visti anche nei film di Sam Peckinpah. Ma l’approccio di Kaufman alla materia è alquanto singolare. Il protagonista infatti non è Jesse James (interpretato da Robert Duvall), ma Cole Younger, interpretato da Cliff Robertson. Il film racconta essenzialmente le manovre di Younger per convincere i cittadini più ricchi a depositare i loro averi nella banca di Northfield, che al momento naviga in cattive acque. Robertson dà vita a un Cole spavaldo, astuto, ironico. Un personaggio larger than life, il vero “cervello” della banda. Al contrario, il Jesse James di Duvall è rappresentato come uno psicopatico impulsivo, a stento tenuto a freno dal fratello Frank. Non basterà comunque il cervello di Cole ad avere la meglio su un mondo in rapida mutazione (sottolineato dal regista con la comparsa in città di un organetto a vapore), in cui le rapine, come dirà più avanti Woody Guthrie, si compiranno con la penna stilografica e non più con le pistole.
Robertson/Cole Younger (immagine tratta dal sito photobuste.com)
Per essere un western, il film non ha niente di epico, nemmeno nelle (poche) sparatorie, né un filo narrativo robusto. Anzi, la trama ha un andamento episodico, alternato tra i registri del realismo e del grottesco. Il film si apre con Jessie e uno dei suoi compari seduti in una latrina, intenti a commentare gli articoli dei giornali con cui si accingono a pulirsi il fondoschiena. E Kaufman sembra più interessato a raccontarci le pause della loro vita da banditi (le chiacchiere, le soste al bordello o al saloon) che momenti avventurosi come fughe e sparatorie. Non manca, curiosamente, nemmeno un momento onirico, sotto forma di un sogno-allucinazione di Younger. Coerentemente con la vena anarcoide della Hollywood anni Settanta (Penn, Altman. Ashby), i rappresentanti della Legge e i probi cittadini sono dipinti da Kaufman come avidi e ottusi (impiccano quattro poveracci scambiandoli per i banditi), e non c’è niente di rassicurante nella loro vittoria finale sui fuorilegge. Anzi, nella scena finale Kaufman regala un momento di gloria a Cole Younger: per quanto ferito gravemente, Cole si alza in piedi nel carro con le sbarre che lo porta alla prigione, e raccoglie gli applausi della folla che inneggia a lui, e non alla Legge.
Per quanto totalmente calato nel decennio dei Settanta, il film di Kaufman ha se non altro il pregio di inquadrare la storia della banda in un contesto storico preciso, nonostante le inevitabili licenze narrative. Giusto per fare due esempi, il regista non dimentica la presenza di un consistente nucleo di immigrati svedesi nella regione, e regala una lunga scena (del tutto ininfluente ai fini del plot) alla rappresentazione di una partita di baseball. The Great Northfield Minnesota Raid non sarà mai considerato un capolavoro del genere, ma avrà ugualmente la sua importanza: influenzerà pesantemente il successivo film sulla banda James: I cavalieri dalle lunghe ombre di Walter Hill, che arriverà otto anni dopo. Ne riparleremo presto.
The Great Northfield Minnesota Raid è presente su You Tube con una copia discreta, con sottotitoli in inglese (potete attivarli cliccando sulla rotellina delle impostazioni).
Vi propongo The Ballad of Jesse James nella versione di Eddy Arnold, sconosciuto da noi. Ma divertitevi a cercare le versioni di Bruce Springsteen, Ry Cooder, Johnny Cash, del Kingston Trio, e perfino quella (eccellente) della band anglo-irlandese The Pogues.
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